FORMAZIONE – La figura dell’allenatore-educatore ora si studia all’Università
La figura dell’allenatore-educatore, “coniata” oramai 30 anni fa negli interventi formativi e nel Patto associativo del Centro Sportivo Italiano, oggi è materia di studio anche all’università e si tratta di una figura pienamente considerata dai pedagogisti. Una bella conquista per la maggiore associazione di promozione sportiva italiana, ovvero il CSI (Centro sportivo italiano), nata 75 anni fa e che ha anticipato molte innovazioni nell’ambito sportivo giovanile a partire dalla considerazione che lo sport non fosse solo ricreazione, ma facesse parte pienamente dell’”azione educativa globale” per la crescita dei ragazzi.
L’ha ricordato Fabrizio Micheletto, componente della presidenza berica del CSI, che alla fine dell’incontro formativo di mercoledì scorso a palazzo delle Opere sociali, ha sottolineato l’attualità del Patto Associativo CSI.
Docente dell’incontro (dedicato alla formazione continua degli allenatori iscritti all’albo nazionale bluarancio) era Mirca Benetton, professore associato di pedagogia generale e sociale all’UniPD. Il suo intervento dal titolo “Quando scendono in campo le emozioni: attività sportiva giovanile tra gioco, competenza e educazione”, era incentrato sia sul problema dell’abbandono dello sport da parte di molti adolescenti (realtà che preoccupa oggi molte federazioni) e dall’altro sulla valenza educativa dello sport e sulla specificità dell’allenatore-educatore o “alleducatore”. Un incontro dai toni molto teorici e tecnici con una ventina di presenze molto qualificate in platea, in gran parte operatori ed educatori delle grandi polisportive della provincia vicentina.
Una lezione che ancora una volta ci ha fatto capire quanto possa influire la figura dell’allenatore (che spesso diventa “life coach”) sul processo educativo e di crescita del ragazzo. Ma soprattutto un incontro in cui sono state offerte anche delle buone prassi per migliorare il rapporto tra ragazzi, famiglie, società sportiva e allenatore.
La professoressa Benetton ha sottolineato che è necessario costruire un feedback con ogni singolo ragazzo: dar voce ai giovani atleti per valutare le loro reazioni rispetto alla proposta sportiva, agli allenamenti, alle attività.
Una tecnica oggi vincente è quella di chiedere ad ogni ragazzo di esprimersi a fine allenamento o a fine partita con tre messaggi. Nel primo l’atleta “scrive a sé stesso pensando come aiutarsi a divenire un atleta migliore”: da qui si capiscono le aspettative del singolo.
Nel secondo “l’altleta scrive ai genitori con lo scopo di migliorare la loro partecipazione alla vita sportiva”: da qui si evince la considerazione che hanno dello sport i parenti. Infine nel terzo “l’atleta scrive all’allenatore perché possa svolgere al meglio il suo lavoro”: un feedback diretto con il linguaggio dei 160 caratteri.
Secondo la docente di pedagogia questo semplice test permette di verificare il grado di autostima degli atleti e di monitorare il senso del benessere nella pratica sportiva e non solo.